Le arti del trivio e le arti del quadrivio rappresentavano nel Medioevo le discipline che permettevano di accedere alla libera professione e che distinguevano il bruto dal colto. Molte cose sono cambiate nel frattempo, le discipline sono diventate ultraspecialistiche, e si sente molto la mancanza di una classificazione che ricomponga l'unità del sapere.

Nel Medioevo si era provveduto a una sistematizzazione del sapere, fondandosi prima di tutto sui saperi ereditati dall'antichità. Si insegnava prima il latino, visto essenzialmente come strumento per accedere ai testi che tutti in latino erano scritti. Dopo la fase elementare si passava alle arti del trivio e del quadrivio. Il quadrivio era costituito da aritmetica, musica e geometria, cioè dalla matematica (tenendo conto che la musica era vista come studio dei rapporti armonici scoperti da Pitagora). Il trivio era costituito da retorica, dialettica e grammatica, cioè le arti del parlare bene.

Retorica, grammatica e dialettica sono ancora il fondamento dell'insegnamento liceale, in cui, a parte qualche miserella nozione di matematica, si insegna fondamentalmente l'italiano (in tutte le materia, non solo a lettere) - il che è molto apprezzato dalle aziende, che non di specialisti hanno bisogno, che possono formare velocemente con qualche stage, quanto di persone che padroneggino la nostra difficile lingua.


Il trivio non serviva solo a parlare bene. Serviva a interagire con gl altri membri della società. Oggi, per interagire consapevolmente nella società, da cittadini, non basta l'eloquio, occorre capire i fenomeni economici, sociologici, giuridici che modellano la società e determinano le nostre vite. A questo scopo il trivio antico non è più sufficiente, occorre un nuovo trivio: storia, economia, diritto. Gentile aveva intuito l’importanza della storia; economia e diritto sono invece meno ovvi, e mancano completamente o quasi dagli insegnamenti dei licei. Quanto alla loro utilità, basta osservare l’acutezza con cui i giuristi – penso per esempio a De Cataldo – sanno analizzare e interpretare i fenomeni sociali. Quanto all’importanza dell’economia nella contemporaneità, non occorrono commenti.


Un insieme coerente di competenze si può basare ancora sull'antico quadrivio - la matematica - mentre il trivio contemporaneo potrebbe essere rappresentato da storia diritto economia.

Per quanto riguarda però le abilità, cioè per quanto riguarda gli approcci fondmentali delle varie discipline, credo si debba superare la dicotomia tra discipline umanistiche e discipline scientifiche.

Negli ultimi 200 anni le conoscenze non solo sono esplose, ma sono andate assai avanti concettualmente, mettendo in crisi schemi che ancora valevano alla fine dell’800. Le conoscenze si sono spezzettate in tanti specialismi incomunicanti tra loro, e fornire una educazione generale sembra un compito impossibile. Ovviamente un’educazione, anche l’educazione di un erudito, non può essere una tuttologia; quello che occorre è una robusta intelaiatura che permetta di passare da una disciplina all’altra, e di individuare i saperi e i metodi essenziali di ciascuna. La scuola gentiliana assolveva a questo compito ordinando i saperi in ordine storico. Un metodo potente, ma che ha richiesto di sacrificare intere discipline, non solo quelle strettamente scientifiche, ma anche diritto ed economia, escluse dai licei.

Credo che le creazioni dell’intelletto umano si possano distinguere a seconda che si basino sulla vista o sull’udito. Tatto, gusto e olfatto non mi sembra abbiano prodotto arti o scienze, a parte la pur importante gastrononomia.
Le discipline che si basano sulla vista sono principalmente le scienze (anche umane), le belle arti (pittura e scultura), la scienza politica, il diritto, la filologia, la retorica, e la mistica. 
Le discipline che si basano sull’udito sono la letteratura, la filosofia, l’architettura, la teologia, e forse la musica. Anche la matematica credo che rientri in gran parte in queta categoria.

Come si vede, questa classificazione in parte ricalca la classificazione tradizionale tra discipline umanistiche e scientifiche, in parte è diversa. La distinzione tra arti e scienze, separa le discipline legate all’emozione da quelle legate all’intelletto, ma credo che la distinzione tra discipline della vista e discipline dell’udito colga una differenza più fondamentale nell’uso delle energie psichiche. Come molti scienziati hanno sottolineato, la percezione estetica è assai importante nella ricerca scientifica (la teoria della relatività generale viene per esempio definita “elegante”), mentre l’intelletto da sempre ha un ruolo importantissimo nelle arti, specialmente visive.  Una conferma di questa mia distinzione mi è stata data da uno studente del professionale, con un gravissimo ritardo che gli impediva di esprimersi verbalmente in modo complesso; questo stesso ragazzo era però in grado di elaborare progetti grafici non solo esteticamente eccellenti, ma pregni di significati quasi geniali.

Le discipline della vista sono fondate sul comporre e ricomporre oggetti – quello che normalmente chiamiamo logica matematica. Un pittore scompone l’immagine in una serie di piani colorati, e li dispone equilibratamente sulla tela, in modo non molto diverso da come un fisico scompone il problema in parti più semplici e studia le relazioni tra queste.

Le discipline dell’udito sono basate sul “piacere” della parola. Nell’attività scientifica le parole sono solo simboli; se scriviamo x o z non fa molta differenza, purché non ci siano ambiguità; le discipline dell’udito si concentrano invece sul significante, e spesso la cosa più interessante sono le ambiguità (i polisemismi).

La retorica (e il linguaggio giornalistico che ne deriva) potrebbe sembrare una disciplina dell’udito, ma la retorica è l’arte di esporre un ragionamento, e si avvale di una logica non molto diversa da quella scientifica.

Come nel Medioevo si era riusciti a equilibrare la componente umanistica con quella scientifica attraverso una sistematizzazione dell’unità del sapere, forse la distinzione tra discipline della vista e discipline dell’udito, che implicano un uso delle energie psichiche del tutto diverso, può essere utile per un’equilibrata rappresentazione del sapere contemporaneo. 

Ma quali sono queste energie psichiche impiegate diversamente nelle discipline della vista e nelle discipline dell’udito? Sono in fondo ancora sense and sensibility, ragione e sentimento. Ma credo che anche questa dicotomia sia leggermente fuorviante. Partiamo dalle discipline della vista, in cui sono più ferrato, mentre quelle dell’udito mi pongono molti problemi (sono anche un po’ sordo). Cos’è il ragionamento? Il ragionamento è quello strumento che permette di risolvere problemi. E’ molto sviluppato, per esempio, negli operai e nei meccanici, che spesso si trovano a dover aggiustare le cose, e anche in chi è cresciuto sulla strada, dove i problemi sono tanti. Si è cercato per molti secoli di formalizzare il ragionamento, arrivando fino all’invenzione del computer. Ma proprio il computer ci dimostra che il ragionamento non consiste in una serie di regole di inferenza. Il ragionamento consiste nello scomporre un problema e ricomporlo in modo da ottenere una costruzione vera. Ora il problema si sposta su come decidiamo che questa ricostruzione delle pari sia vera. Cartesio ci può tornare utile ancora. Per Cartesio la verità è immediatamente riconoscibile tramite il “buon senso” – in inglese diremmo semplicemente sense. Il buon senso è quindi una qualità estetica. Uno scienziato diceva, a proposito di una teoria ora mancante dell’origine della vita che “quando la troveremo, ci apparirà così bella e semplice che diremo: non può essere che così”. Il buon senso – il sense è la capacità quindi di riconoscere le cose belle e semplici.

Insomma, insegnare la logica fisico-matematica consiste nell’insegnare una particolare estetica, fondata sul piacere del vedere.

Ora, esiste anche un’altra estetica, basata sul piacere del sentire, ed è proprio la sensibility. In fondo la letteratura nasce dai racconti intorno al fuoco; ricordo quanto mi colpivano da bambino i racconti di mia madre la sera, quando inizia a far scuro, e credo che il piacere di leggere che ho conservato derivi tutto da qui, anche se poi scrivo scrivo come un retore, perché la retorica è una disciplina dela vista e la vista in me è molto prevalente.

 Il criterio della verià è quindi l’estetica – non sto dicendo niente di nuovo, lo dicevano i filosofi greci che identificavano il bello, il buono, il giusto e il vero, e lo ripete più precisamente Cartesio – ma, esistendo due estetiche, esistono due diversi criteri di verità, sense e sensibility.

Insomma, non esiste una solo facoltà estetica, ma due: sense e sensibility. Alcuni saranno più forti nell’una, altri nell’altra, però è importante almeno riconoscerle.

A questo punto, il problema dell’insegnamento diventa più semplice: si tratta di insegnare due estetiche: quella delle arti della vista e quella delle scienze dell'udito. Un’estetica – un gusto – si impara semplicemente venendo esposti alle cose “belle”. In altre parole, quando leggiamo un romanzo possiamo dare preminenza al piacere della lettura, e meno alla filologia del testo – come diceva un mio collega di lettere – oppure usare il testo come l’oggetto di un’analisi filologica non molto diversa da quella scientifica – come fa magistralmente un’altra mia giovane collega  – ma senza dimenticare che stiamo facendo un’altra cosa, e che non stimoliamo al piacere della letteratura. Nel campo delle discipline scientifiche la cosa è un po’ più complicata da spiegare, visto il carattere altamente formale delle scienze esatte - ma funziona nello stesso modo.