Sono inciampato nella scuola tre anni fa, e la prima impressione che ho avuto è di aver trovato un’oasi di pace. Il mondo di fuori è duro, le persone sono egoiste, ipocrite, talora cattive. A scuola i colleghi bisticciano e i ragazzi fanno marachelle, ma sono, gli uni e gli altri, fondamentalmente onesti. Da una parte a scuola non c’è un soldo, e i soldi sono lo sterco del diavolo; dall’altra i ragazzi non hanno ancora imparato a mentire – a sé stessi, perché agli altri, almeno agli adulti, mentono spudoratamente - e questa purezza irradia su tutta la scuola. Certo, spesso sono sfrontati, arroganti, non hanno voglia di fare niente, mancano di rispetto, rigirano sempre la frittata a loro favore, e quando sto in classe mi verrebbe spesso voglia di prenderli a schiaffi; ma appena esco dall’aula, ripeto tra me “quanto sono carini”. 

L’ecologia vegetale è il mio campo di studi, campo in cui ho lavorato per tanti anni. Il lungo studio faticoso mi ha permesso di capire come funziona veramente il metodo scientifico e il pensiero logico-matematico – e di riconoscere quanti lo padroneggiano meglio di me. A scuola cerco di trasmettere questo metodo, trascurando talvolta, lo ammetto, l’attuazione puntigliosa del programma che tanto assilla certuni – timorosi di esser rimproverati dai temibili burocrati ministeriali. L’ecologia vegetale ha numerosi risvolti applicativi, per esempio la protezione dell’ambiente, e questo mi ha portato a contatto con molte realtà pubbliche e private, con istituzioni ed aziende; questa apertura al mondo esterno è molto utile a scuola, non tanto direttamente, quanto perché aiuta a non prendersi troppo sul serio – una cosa detestata, e a ragione dai ragazzi.

Ho anche giocato per parecchi anni a fare politica. I risultati effettuali sono stati pochini, ma ho scoperto alcune cose su come gli uomini vivono assieme e soprattutto come potrebbero vivere assieme. Cerco di applicare quanto ho imparato nel gestire la classe (in termini contrattuali si chiama “mantenimento della disciplina”), e questo è forse l’unico punto in cui il mio modo di insegnare è in qualche misura diverso dal consueto. 

Pur non avendo nessun potere effettivo, sia me che la mia famiglia abbiamo sempre vissuto a contatto con gente che gestiva il potere in qualche misura – io pesci piccoli, mio padre pesci grossissimi. La scuola è stata per me una grande sorpresa: ci sta la gente senza potere che chiamiamo persone “normali”. Ho iniziato una curiosa esplorazione di questo mondo, il cui modo di ragionare e i cui valori mi suonano ancora un po’ bizzarri. I ragazzi sono un oggetto di osservazione ideale, per la loro semplicità. 

Insomma, temo si essere un pessimo professore.